Le opere d'arte del centro cittadino di San Benedetto del Tronto
To see through is not to see into
“Guardare attraverso non è come guardare dentro”
L’umanoide con la finestra aperta sul cuore è il simbolo di un’umanità che rischia l’omologazione, l’anonimato ma che, nonostante tutto, non rinuncia alla propria irripetibile unicità. E così l’essere umano apre il suo cuore al mondo, invita il prossimo a guardare nel profondo dell’animo di ciascuno mentre il ramo con le foglie che tiene in mano è il simbolo della vita, della speranza che non muore. Mark Kostabi, autore americano dell’opera, ha voluto inaugurare, nel 1998, il suo monumento per San Benedetto con un concerto all’aperto, proprio nell’isola pedonale. Kostabi, infatti, oltre che apprezzato pittore, è anche un compositore ed ha al suo attivo numerose incisioni.
Il saluto di Ubu
L’opera in bronzo realizzata da Enrico Baj si richiama ad un lavoro teatrale di Alfred Jarry, fondatore della Patafisica. Era una commedia satirica, originariamente concepita come spettacolo di marionette, che colpisce la stupidità e la violenza delle convenzioni sociali. Il messaggio di Baj è semplice: Ubu, personaggio immaginario, è un grande gioco per tutti. La sua presenza vuole dare un tocco di allegria ad una zona frequentatissima con le sue pietre colorate, i suoi fiori di bronzo variopinto, i suoi pezzi meccanici a ricordare un naso, una bocca, degli occhi. Dalla sua postazione saluta tutti, turisti e residenti, è lì per offrire un segno di benvenuto e, perché no, uno spunto alla fantasia e all’immaginazione di ognuno. Con la firma di uno dei più grandi artisti del nostro tempo, l’opera si trova in Largo Pietro Micca lungo il corso Moretti. Baj, conosciuto soprattutto come pittore, è scomparso nel 2003, lasciando alla nostra città un tocco di allegria.
Principe
La fontana collocata in via Cairoli, una delle traverse del corso, è dominata da una scultura di Paolo Consorti, giovane ma già affermato artista sambenedettese. La scultura, realizzata in mosaico policromo e fusione in bronzo, è intitolata ”Principe”. Nella fontana, infatti, la figura del ”Principe” sovrasta l’intera struttura, irrompendo nello spazio con gesto dinamico. È un grande bambino alle prese con un serpente. Le due figure si toccano solo in un punto, dove il piede del bambino preme la testa dell’animale.
I riferimenti e le letture possibili sono molteplici, ma la prima evidenza, che corrisponde anche ad una precisa intenzione dell’artista, suggerisce l’idea dell’esaltazione dell’innocenza e della purezza, riferibili all’infanzia, rispetto a quanto di oscuro e indecifrabile porta con sé l’immagine del serpente. E il titolo dell’opera, ”Principe” (che non ha alcuna valenza aristocratica nel senso tradizionalmente inteso) non è altro che un modo per sublimare, anche verbalmente, quest’intenzione.
Ma a chi non è alla ricerca di significati simbolici, l’opera offre uno spettacolo che si lega al piacere visivo. L’artista, come in tutte le sue opere, ha esaltato forme e colori: il mosaico della vasca e la pelle del serpente sono resi in modo ricco e prezioso e la patina scura del bronzo, nella figura del bambino, attraverso un trattamento particolare della superficie, si presenta di un verde smeraldo brillante. Altro elemento che caratterizza la dimensione estetica dell’opera è il dinamismo della figura, che allude alla dimensione leggera del gioco, indicazione ulteriore che fornisce una diversa, ma al tempo stesso complementare, chiave di lettura dell’opera di Consorti.
L'elefantino tra le palme
Salvo, al secolo Salvatore Mangione, è uno degli artisti che ha accettato la scommessa proposta dall’Amministrazione comunale: trasformare il “salotto buono” della città in una vera e propria galleria d’arte all’aperto che fosse, allo stesso tempo, anche occasione di incontro e socializzazione tra i suoi frequentatori. Salvo ha interpretato appieno questa sfida ed ha realizzato l’elefantino in bronzo dorato: un’opera allegra, perfettamente integrata nel nuovo arredo del viale, che si è subito trasformata in un monumento “vivo e vissuto”.
In breve tempo, infatti, la surreale presenza dell’elefantino con la palma di Salvo è diventato una componente abituale del paesaggio urbano, un punto di riferimento per tutti: per i bambini, che non rinuncerebbero per nulla al mondo a salirci sopra e toccargli la proboscide, ma anche per gli adulti. Quanti ormai in città, per darsi un appuntamento, s’intendono al volo dicendo “ci vediamo davanti all’elefantino”?
Allegro
Si chiama semplicemente ”Allegro” l’opera di Ugo Nespolo collocata all’interno della fontana di viale Secondo Moretti. Tutto, infatti, in questo lavoro dell’artista torinese, concorre a dare un’immagine di allegria, di scanzonata ammirazione: un grande occhio che sbuca dall’intrico della struttura, una stella che splende sul lato opposto, un buffo pesciolino e, soprattutto, una grande, sinuosa, impudente lingua che sale fino alla sommità dell’opera. In verità il titolo originale dell’opera era ”lo sberleffo”, dato da Nespolo ad un’idea custodita da tempo nel cassetto che attendeva l’occasione giusta per essere realizzata. Ma ora, inserita nel contesto sambenedettese, è sembrato giusto dare al lavoro dell’artista torinese un valore diverso, più legato alle sensazioni che essa suscita. L’inaugurazione dell’opera avvenne nell’agosto 1999 alla presenza delle bellissime ragazze, in costume d’ordinanza, che parteciparono alle prefinali nazionali del concorso di Miss Italia.
I sognatori
L’opera di Paolo Annibali simboleggia la vita che rinasce anche quando sembra che non ci sia più. La scultura, installata nella riqualificata piazza Giacomo Matteotti, misura 4 metri di altezza e di 2 di diametro, è stata realizzata in argilla modellata dallo stesso artista e fusa in bronzo. La scultura è illuminata dall’interno e comprende, oltre al grande albero, circa 30 figure e vuole dare sostanza alla speranza che ognuno di noi si porta dentro per una vita migliore, per una salvezza che abbracci la natura e la terra. La vita è difficile, le nostre esistenze cariche di attese, di progetti, con il tempo si flettono, si inarcano sotto il peso della disillusione, delle difficoltà, del dolore. Sembra che davanti resti solo il buio della disperazione, il buio della morte. Ma è proprio in quel vuoto che tutto ricomincia. Ecco, allora, il simbolo del vecchio albero morente, inclinato, ormai instabile, che rischia di trascinare con sé il destino di tutti noi ma che ancora, caparbiamente, offre riparo a tutti gli esseri viventi: uomini, animali, insetti trovano in esso la propria tana. Al calare della notte, tutti provvidenzialmente si addormentano e, all’unisono, cominciano a sognare la rinascita della propria vita, del vecchio tronco, della natura intera. Così, nel sogno, nuove speranze prendono corpo e il ciclo della terra magicamente riprende il suo percorso.
La retara
Voluto e realizzato dall’Inner Wheel – Rotary club della città e inaugurato nel 1991, il monumento alla Retara, opera in bronzo dello scultore Aldo Sergiacomi, è un doveroso omaggio ad una delle figure tipiche della città, a colei che, instancabile, realizza e ripara il principale strumento di lavoro del pescatore, la rete appunto. A questa tipica professione femminile, ormai scomparsa, si deve un grande contributo allo sviluppo dell’attività di pesca che è poi insieme la storia, la cultura e una delle principali forze economiche su cui S. Benedetto si regge.
Lavorare, lavorare, preferisco il rumore del mare
Lavorare, lavorare, lavorare, preferisco il rumore del mare: questo il motto del “monumento di parole” di Ugo Nespolo che dal 1998 è meta obbligata per chi fa tappa a San Benedetto del Tronto. La grande struttura (7 metri di altezza), di acciaio colorato con tonalità marine dal blu al rosso, è situata all’inizio del lungomare nord di San Benedetto del Tronto, in prossimità dell’isola pedonale. Insieme ai Bambini della Guerra e Allegro, è una delle tre opere dell’artista piemontese presenti in città, la più grande e la più fotografata tra le diverse sculture collocate nel centro cittadino. Il titolo (e il testo) della scultura, come direbbero i giornali, “canta” (e giustamente, è ripreso da un verso di Dino Campana). È Nespolo stesso a precisarne il significato, sulla targa apposta al monumento: “il lavoro nobilita l’uomo, ma quando il lavoro diventa lavoro & lavoro & lavoro, l’uomo viene schiacciato. E non sempre dal bisogno, ma spesso dall’avidità, dall’invidia, dal desiderio, da finte necessità che ci fanno trascurare i doni più belli”. Non un invito a far nulla dunque, ma un monito allegro e scanzonatorio a vivere un’esistenza più vera e più attenta ai valori della vita. Un augurio, insomma, per un mondo a misura d’uomo. Un’opera che, per dirla di nuovo con le parole dell’artista, “è un inno al dono di Dio, al mare, questo grande amico che è vita per la riviera”.
Chi è Ugo Nespolo: Pittore, scultore e scrittore italiano. Nasce a Mosso, in provincia di Biella, nel 1941. Diplomato all’Accademia Albertina di Belle Arti e laureato in Lettere moderne, esordisce nel panorama artistico negli anni sessanta. Personalità poliedrica, ha realizzato dipinti, sculture, costumi teatrali e videosigle, uscendo dai canoni assegnati per portare l’ arte negli spazi della vita comune. La sua produzione è contaminata dallo stile coloratissimo della pop art ed ha un forte accento ironico e trasgresssivo.
I monumenti ai caduti per la libertà
Entrambe opere dello scultore locale Marcello Sgattoni, i due monumenti, collocati nel centralissimo viale Secondo Moretti in epoche differenti, simboleggiano entrambi l’anelito alla libertà che animò tanti giovani che combatterono e diedero la vita durante la guerra di Liberazione per costruire un’Italia libera e democratica. L’opera in primo piano è costituita da un blocco di travertino grezzo su cui è incisa la frase “Ai caduti per la libertà” da cui si dipartono diverse catene che legano al suolo colombi nell’atto di spiccare il volo.
La seconda, di più recente installazione, rappresenta l’albero della vita con un volto di madre a cui si aggrappano, succhiando linfa vitale dai seni, tanti piccoli bimbi. Sotto, la frase “Il sacrificio dei martiri disseta i popoli”. L’opera è stata realizzata con il contributo del Rotary club in collaborazione con la Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno.
Il monumento ai caduti della Prima Guerra Mondiale
Il Monumento ai caduti che sorge in viale Secondo Moretti è un’opera in bronzo di Amleto Cataldi e fu inaugurato il 14 agosto 1921. “Nel modellato aspro ed efficace, l’artista ha trasfuso la tensione emozionale di carattere patriottico tesa ad idealizzare la lotta di tutto un popolo”. (C. Caselli).